Ricorso per Cassazione penale: le questioni deducibili

L'art. 609 del codice di procedura penale stabilisce che:
1. Il ricorso attribuisce alla corte di cassazione la cognizione del procedimento limitatamente ai motivi proposti.
2. La corte decide altresì le questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo e quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello.

Il vincolo fissato dal primo comma e rappresentato dal riferimento ai motivi di ricorso, subisce una deroga ai sensi della previsione del secondo comma, in base alla quale la Corte decide «altresì» le «questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo». La dottrina vi riconduce le questioni relative:

  • alla incompetenza per materia (art. 21);
  • alla declaratoria immediata di cause di non punibilità (art. 129, ma anche artt. 68 e 69, comma 1);
  • alla sussistenza di cause di nullità assolute (art. 179), o di nullità a regime intermedio nei limiti di deducibilità previsti dall'art. 180;  
  • alla declaratoria di inutilizzabilità di prove acquisite in violazione dei divieti di legge (art. 191, comma 2);
  • alla legittimità costituzionale della norma da applicare;
  • alla declaratoria del ne bis in idem (art. 649): v. BARGIS, in Compendio Conso-Grevi, 968; CORDERO, Procedura, 1160.
In questi casi, anche se la questione non risultasse investita dall'effetto devolutivo dell'impugnazione, il giudice dovrebbe ugualmente adottare, anche d'ufficio, le pronunce prescritte; solo il giudicato preclude la possibilità di adottare tali pronunce (così NAPPI, Il sindacato di legittimità nei giudizi civili e penali di cassazione, 206 e 217).

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto rilevabile d'ufficio nel giudizio di cassazione, e quindi anche in assenza di uno specifico motivo di ricorso, la sussistenza della causa di non punibilità di cui all'art. 384 c.p. di chi ha commesso uno dei reati contro l'amministrazione della giustizia specificamente indicata dalla legge, e tra questi, il reato di favoreggiamento personale, per esservi stato costretto dalla necessità di salvare un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore (Cass., sez. II, 11 novembre 2010, n. 41461).

Con riferimento alle nullità, le Sezioni Unite hanno affermato che l'imputato che intenda eccepire per la prima volta la nullità assoluta della citazione o della sua notificazione, non risultante dagli atti, non può limitarsi a denunciare la inosservanza della relativa norma processuale, ma deve rappresentare al giudice di non aver avuto cognizione dell'atto e indicare gli specifici elementi che consentano l'esercizio dei poteri officiosi di accertamento da parte del giudice (Cass., sez. un., 27 ottobre 2004, n. 119/05, Palumbo). Al proposito, si è rilevato che non è deducibile per la prima volta in Cassazione l'irrituale notifica all'imputato del decreto di citazione per il giudizio di primo grado, eseguita presso il domicilio a mani della figlia e non presso il luogo di detenzione, malgrado lo status detentivo risultasse dalla certificazione prodotta dalla difesa (Casss., sez. II, 16 gennaio 2003, n. 6488).Ricorso per cassazione penale

Ricorso per Cassazione penale: la deducibilità della prescrizione del reato

Con riferimento alla cause estintive del reato, si è ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione dell'imputato nei confronti della sentenza di condanna emessa in appello, proposto per l'unico motivo della violazione di legge consistente nell'omessa immediata dichiarazione della causa estintiva della prescrizione maturatasi prima della pronuncia dell'impugnata sentenza, seppure nel grado di appello la questione non sia stata dedotta dalla difesa; la Corte ha poi statuito che la sentenza deve essere annullata senza rinvio con contestuale dichiarazione di estinzione del reato (Cass., sez. II, 7 luglio 2009, n. 38704).
Secondo questo orientamento giurisprudenziale, è possibile assimilare il caso della prescizione maturata prima della conclusione della fase di merito ad altre specifiche ipotesi nella quali il giudice, pur in presenza di una impugnazione inammissibile, conserva il potere/dovere di rendere una pronunzia che non sia solo meramente enunciativa della predetta inammissibilità: come, per esempio, nei casi in cui si renda necessario dichiarare l'estinzione del reato per morte dell'imputato o l'incostituzionalità della norma incriminatrice della quale si dovrebbe fare applicazione.  

All'interno della giurisprudenza di legittimità si rinveniva, tuttavia, un difforme indirizzo, secondo cui l'inammissibilità originaria del ricorso per cassazione preclude invece ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare d'ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., l'estinzione del reato per prescrizione, anche se maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta né rilevata da quel giudice (Cass, sez. I, 4.6.2008 n. 24688, Rayyan, Rv. 240594; sez. III, 8.10.2009 n. 42839, Imperato, Rv. 244999). 

Sulla questione, atteso il contrasto giurisprudenziale, sono intervenute le Sezioni Unite, che con la sentenza n. 12602 del 17/12/2015, condividendo il secondo indirizzo ermeneutico, escludono che in sede di legittimità, a fronte di un ricorso inammissibile, possa essere dichiarata la prescrizione non dichiarata in grado di appello, anche in ragione del fatto che il passaggio in giudicato della sentenza si verifica allo spirare del termine per proporre impugnazione e non già nel momento successivo in cui è dichiarata l'inammissibilità.
Nella articolata sentenza, il Supremo Collegio ha affermato che «L'inammissibilità del ricorso per Cassazione (nella specie, per assoluta genericità delle doglianze) preclude ogni possibilità sia di far valere, sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., l'estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello ma non dedotta né rilevata da quel giudice. L'inammissibilità del ricorso per Cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare d'ufficio l'estinzione del reato per prescrizione, quand'anche maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello ma non dedotta né rilevata nel giudizio di merito. Il giudice di legittimità può rilevare d'ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della sentenza impugnata, non rilevata dal giudice d'appello, pur se non dedotta con il ricorso per Cassazione e nonostante l'inammissibilità di quest'ultimo ma solo se, a tal fine, non occorre alcuna attività di apprezzamento delle prove finalizzata all'individuazione di un “dies a quo” diverso da quello indicato nell'imputazione contestata e ritenuto nella sentenza di primo grado».

Si è precisato, altresì, che è ammissibile il ricorso per cassazione col quale si deduce, anche con un unico motivo, l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p.

Ladove, infine, la prescrizione sia maturata dopo la decisione impugnata e prima della presentazione del ricorso per cassazione, quest'ultimo è inammissibile qualora sia volto unicamente a far valere la causa estintiva e sia privo di qualsiasi doglianza relativa alla pronuncia di merito, in quanto viola il criterio della specificità dei motivi enunciato nell'art. 581, lett. c), c.p.p., ed esula dai casi in relazione ai quali può essere proposto a norma dell'art. 606 c.p.p; la Corte, in motivazione, ha chiarito che nella specie si è in presenza di un ricorso soltanto apparaente e, pertanto, inidoneo a instaurare il rapporto di impugnazione (Cass., S.U., 27 giugno 2001, n. 33542).

Ancora una volta, quindi, viene in rilievo l'importanza dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, ovvero della rispondenza di questo ai presupposti ed ai requisiti stabiliti dalla legge per la sua proposizione. 
Come spiegato qui, infatti, secondo i dati eaborati dall'ufficio di Statistica della Corte Suprema di Cassazione, ogni anno circa l'80% dei ricorsi iscritti viene dichiarato inammissibile.
Questo dato, assolutamente emblematico della natura complessa e marcatamente tecnica che connota la fase del giudizio di legittimità dinanzi alla Corte Suprema di Cassazione - che, come è noto ha sede a Roma - rende opportuno il conferimento del mandato difensivo ad un qualificato ed esperto avvocato cassazionista, al quale affidare la difesa nell'intera fase del giudizio legittimità, dalla redazione dell'atto di ricorso e delle memorie, alla partecipazione all'udienza di discussione.