Quando la Corte di Cassazione si pronuncia a Sezioni unite?

Cosa significa Cassazione a Sezioni Unite?

In base a quanto stabilito dall'art. 170 Disp. att. c.p.p., "Le sezioni unite sono convocate con decreto del presidente della corte di cassazione o del presidente aggiunto da lui delegato e sono composte con magistrati di tutte le sezioni penali. Il collegio è presieduto dal presidente della corte ovvero, su sua delegazione, dal presidente aggiunto o da un presidente di sezione".

Si tratta della più autorevole composizione del collegio giudicante presso la Corte di Cassazione a cui è attribuita la risoluzione dei contrasti giurisprudenziali insorti in seno alle sezioni della Corte.

Sezioni Unite Csaazione

Quando la Corte di Cassazione si pronuncia a Sezioni unite?

In base a quanto espressamente previsto dall'art. 618 c.p.p., "se una sezione della corte rileva che la questione di diritto sottoposta al suo esame ha dato luogo, o può dare luogo, a un contrasto giurisprudenziale, su richiesta delle parti o di ufficio, può con ordinanza rimettere il ricorso alle sezioni unite".

Detta norma va letta in combinato disposto con la previsione dell'art. 610, comma 2, c.p.p., secondo cui "Il presidente, su richiesta del procuratore generale, dei difensori delle parti o anche di ufficio, assegna il ricorso alle sezioni unite quando le questioni proposte sono di speciale importanza o quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni".

Pertanto, dalla comparazione delle disposizioni in commento, ne deriva che le Sezioni Unite sono richieste del loro autorevole intervento:
  • o da una sezione semplice della Corte di Cassazione, la quale rilevi l'esistenza di un contrasto o prospetti la possibilità che un contrasto abbia a maturare  (c.d. contrasti potenziali);
  • o dal presidente della Corte che, a norma di quanto disposto dall'art. 610, comma 2, può ad esse devolvere, sia a richiesta di parte che d'ufficio, le questioni di speciale importanza, oltre che quelle oggetto di un contrasto già strutturatosi.
Pertanto, spetta soltanto alla singola sezione, e non anche al presidente della Corte, il potere di rimettere alle Sezioni Unite i c.d. contrasti potenziali, seppure non possa escludersi che nella nozione di questioni di «speciale importanza» possano in concreto rientrare molte questioni suscettibili di essere oggetto di difformi ricostruzioni interpretative (Così G. LATTANZI, E. LUPO, Codice di procedura penale: rassegna di giurisprudenza e di dottrina, Volume VIII, (a cura di) A. FOLLIERI, Giuffrè, 2013, p. 1068).

Un ruolo importante, come si è visto, è attribuito, dall'art. 610, comma 2, c.p.p., al difensore (nella specie, un avvocato cassazionista) il quale può sollecitare il presidente della Corte di Cassazione nell'assegnare il ricorso alle Sezioni Unite.

Cosa si intende per contrasto giurisprudenziale?

L'apprezzamento di un contrasto è il risultato di una valutazione che riconosce alla singola sezione (e al primo presidente nell'ambito delle sue attribuzioni) un ineliminabile margine di discrezionalità tecnica. I criteri-guida indicati dalla giurisprudenza fanno leva sulla nozione di assoluta inconciliabilità fra le diverse affermazioni di principio rilevabile ictu oculi dalla comparazione fra determinate massime, con esclusione della mera possibilità che una certa pronuncia si riveli incompatibile con una delle interpretazioni - o delle implicazioni - che sia lecito attribuire ad un'altra (Cass., sez. VI, 24 marzo 1993, n. 865/93). 

L'art. 172, comma 1, disp. att. c.p.p., attribuisce al presidente della Corte di Cassazione il potere di restituzione alla sezione del ricorso rimesso per la decisione, qualora siano stati assegnati alle Sezioni Unite altri ricorsi sulla medesima questione o il contrasto giurisprudenziale risulti superato.

La rimessione alle Sezioni Unite assume i caratteri della doverosità quando la questione stessa abbia dato luogo o possa dare luogo ad indirizzi contrastanti; non, dunque, quando tra sezioni ovvero all'interno di una singola sezione si registri un qualche dissenso inconsapevole che si presti ad essere agevolmente superato sulla base di un più meditato esame o di un semplice coordinamento di non equivoche disposizioni di legge (Cass., sez. VI, 12 ottobre 1993, n. 2810).