L'art. 577, comma 1, n. 4, c.p., attraverso il rinvio a quanto stabilito nell'art. 61, n. 4, c.p., tra le aggravanti che comportano la pena dell'ergastolo, include l'aver adoperato sevizie e di aver agito con crudeltà verso le persone.
Detta circostanza aggravante ricorre quando le modalità della condotta rendono obiettivamente evidente la volontà di infliggere alla vittima sofferenze che esulano dal normale processo di causazione dell'evento e costituiscono un quid pluris rispetto all'attività necessaria ai fini della consumazione del reato, rendendo la condotta stessa particolarmente riprovevole per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vitima con un'azione efferata, rivelatrice di un indole malvagia e priva del più elementare senso di umana pietà (Cass., sez. I, 27 maggio 2008, n. 25276, C.E.D. Cass., n. 240908; Cass. sez. I, 19 dicembre 2007, n. 4495, ivi, n. 238942; Cass., sez. I, 6 luglio 2006, n. 32006, Cass. pen. 2007, 2501; Cass., sez. I, 6 ottobre 2000, Khalid, ivi 2001, 2689).
Si è sostenuto, peraltro, che la mera reiterazione di colpi inferti alla vittima non è condotta rilevante ai fini della configurabilità della circostanza aggravante consistente nell'aver agito con crudeltà, in quanto, essendo connessa alla natura del mezzo usato per conseguire l'effetto delittuoso, non eccede i limiti della normalità causale e non trasmoda in una manifestazione di efferatezza (Cass., sez. V, 17 gennaio 2005, n. 5678, Cass. pen. 2006, 3254).
Sul punto, si è precisato, altresì, che nella specifica ipotesi dell'omicidio commesso con impeto di gelosia tramite la mera reiterazione di colpi di coltello, l'aggravante non sussiste posto che tale reiterazione è connaturata allo strumento utilizzato per conseguire l'effetto delittuoso e non eccede i limiti della normalità causale (Cass., sez. I, 12/03/2015, n.14998).
Tale principio di diritto è stato formulato in fattispecie concrete, nelle quali la pluralità di colpi, inferti con armi da taglio, oppure con corpi contundenti, era richiesta per poter realizzare l'intento omicida quale conseguenza necessitata dall'impiego di uno strumento materiale di efficacia letale non immediata; in altri termini, in siffatte situazioni operative il meccanismo causale prescelto ed innescato dall'esecutore impone l'insistenza di gesti offensivi e non manifesta un atteggiamento di crudele accanimento contro la vittima per incrementarne le sofferenze oltre quanto necessario.
Il discrimine, pertanto, per la ravvisabilità della circostanza aggravante della crudeltà, è dato dalla finalità di arrecare gratuitamente dolore o comunque sofferenza, al di là dell'uso della violenza necessario per portare a compimento la volontà omicida.
Va, infine, segnalata una interessante pronuncia (Cass.,sez. I, 20/12/2017, n. 20185) nella quale è stato affermato il principio secondo cui l'omicidio è aggravato dall'aver agito con crudeltà se l'agente ha inferto alla vittima numerosi colpi agendo in presenza di bambini (fattispecie di omicidio nella quale la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato la circostanza aggravante nel numero dei colpi inferti con un coltello alla vittima, moglie dell'imputato, nella localizzazione dei fendenti al volto della donna e nella consapevolezza dell'agente di agire alla presenza dei due figli in tenera età).
L'analisi dei casi giurisprudenziali rivela che, sovente, la circostanza aggravante della crudeltà concorre con quella della premeditazione.
Detta circostanza aggravante ricorre quando le modalità della condotta rendono obiettivamente evidente la volontà di infliggere alla vittima sofferenze che esulano dal normale processo di causazione dell'evento e costituiscono un quid pluris rispetto all'attività necessaria ai fini della consumazione del reato, rendendo la condotta stessa particolarmente riprovevole per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vitima con un'azione efferata, rivelatrice di un indole malvagia e priva del più elementare senso di umana pietà (Cass., sez. I, 27 maggio 2008, n. 25276, C.E.D. Cass., n. 240908; Cass. sez. I, 19 dicembre 2007, n. 4495, ivi, n. 238942; Cass., sez. I, 6 luglio 2006, n. 32006, Cass. pen. 2007, 2501; Cass., sez. I, 6 ottobre 2000, Khalid, ivi 2001, 2689).
Si è sostenuto, peraltro, che la mera reiterazione di colpi inferti alla vittima non è condotta rilevante ai fini della configurabilità della circostanza aggravante consistente nell'aver agito con crudeltà, in quanto, essendo connessa alla natura del mezzo usato per conseguire l'effetto delittuoso, non eccede i limiti della normalità causale e non trasmoda in una manifestazione di efferatezza (Cass., sez. V, 17 gennaio 2005, n. 5678, Cass. pen. 2006, 3254).
Sul punto, si è precisato, altresì, che nella specifica ipotesi dell'omicidio commesso con impeto di gelosia tramite la mera reiterazione di colpi di coltello, l'aggravante non sussiste posto che tale reiterazione è connaturata allo strumento utilizzato per conseguire l'effetto delittuoso e non eccede i limiti della normalità causale (Cass., sez. I, 12/03/2015, n.14998).
Tale principio di diritto è stato formulato in fattispecie concrete, nelle quali la pluralità di colpi, inferti con armi da taglio, oppure con corpi contundenti, era richiesta per poter realizzare l'intento omicida quale conseguenza necessitata dall'impiego di uno strumento materiale di efficacia letale non immediata; in altri termini, in siffatte situazioni operative il meccanismo causale prescelto ed innescato dall'esecutore impone l'insistenza di gesti offensivi e non manifesta un atteggiamento di crudele accanimento contro la vittima per incrementarne le sofferenze oltre quanto necessario.
Il discrimine, pertanto, per la ravvisabilità della circostanza aggravante della crudeltà, è dato dalla finalità di arrecare gratuitamente dolore o comunque sofferenza, al di là dell'uso della violenza necessario per portare a compimento la volontà omicida.
Va, infine, segnalata una interessante pronuncia (Cass.,sez. I, 20/12/2017, n. 20185) nella quale è stato affermato il principio secondo cui l'omicidio è aggravato dall'aver agito con crudeltà se l'agente ha inferto alla vittima numerosi colpi agendo in presenza di bambini (fattispecie di omicidio nella quale la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato la circostanza aggravante nel numero dei colpi inferti con un coltello alla vittima, moglie dell'imputato, nella localizzazione dei fendenti al volto della donna e nella consapevolezza dell'agente di agire alla presenza dei due figli in tenera età).
L'analisi dei casi giurisprudenziali rivela che, sovente, la circostanza aggravante della crudeltà concorre con quella della premeditazione.