L'art. 577, comma 1, n. 2, c.p., tra le circostanze aggravanti che comportano la pena dell'ergastolo, include l'uso di sostanze veneifiche o di altro mezzo insidioso.
Sono considerate sostanze venefiche quelle che, se introdotte nell'organismo, possono causare la morte mediante azione tossica.
In dottrina, si è precisato che non basta che una data sostanza abbia prodotto la morte, ma va accertato se la stessa di per sé o per il particolare quantitativo propinato, o per le particolari condizioni della vittima, abbia avuto azione tossica, determinando la morte con meccanismo chimico o biochimico in grado di produrre variazioni funzionali.
L'inserimento della sostanza nei repertori farmaceutici ufficiali può rappresentare un riferimento importante, ma non decisivo ed esclusivo, poiché il concetto di veleno ha un valore relativo, dato che ogni sostanza, potenzialmente tossica, perde tali caratteristiche se utilizzata in certe quantità o con certe modalità (A. MANFREDI, in Commentario al codice penale, diretto da G. Marini-M. La Monica-L. Mazza, Utet, 2022, t. 3, 2700).
Si è poi sostenuto che, perché una sostanza possa considerarsi venefica, non occorre che essa sia ufficialmente classificata come tale (ad esempio nei repertori farmaceutici ufficiali), essendo sufficiente accertare la sua idoneità a provocare l'effetto letale in relazione al tipo di uso fattone dal soggetto.
Il riferimento da parte del legislatore all'utilizzazione di un qualsiasi «altro mezzo insidioso» costituisce clausola di chiusura idonea a comprendere nella previsione normativa qualsiasi attività, diversa dall'uso della sostanza letale, idonea a sorprendere la capacità di difesa e di autoconservazione della vittima del fatto (G. MARINI, voce Omicidio, in Dig. g. pen., Utet, 1994, 507).
In giurisprudenza, si è precisato che insidia vuol dire inganno preparato nascostamente per danneggiare o recare offesa a qualcuno ed è sinonimo di tranello, di imboscata.
In particolare, è affermazione consolidata nella giurisprudenza della Suprema Corte quella secondo cui, in tema di omicidio, la circostanza aggravante dell'uso del mezzo insidioso ricorre quando il mezzo usato, per la sua natura ingannevole o per il modo e le circostanze che ne accompagnano l'uso, reca in sè un pericolo occulto, tale da sorprendere l'attenzione della vittima e rendere alla stessa impossibile o più difficile la difesa. (Fattispecie relativa a tentato omicidio, in cui la Corte ha escluso la configurabilità dell'aggravante in relazione all'occultamento di un coltello da cucina successivamente impiegato dall'imputato per ferire la vittima che era riuscita a difendersi e a respingere l'aggressione).
In tema di omicidio volontario, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall' art. 577, comma 1, n. 2, c.p. , l'espressione "mezzo insidioso" indica quello che, per la sua natura ingannevole o per il modo o le circostanze che ne accompagnino l'uso, reca in sé un pericolo nascosto, tale da sorprendere l'attenzione della vittima e rendere alla stessa impossibile, o comunque, più difficile che di fronte ad ogni altro mezzo la difesa. Nel caso in cui il mezzo usato per recare offesa sia un coltello, non integra il mezzo insidioso il mero occultamento dell'arma del delitto o la mera repentinità del gesto dell'agente nel colpire la vittima, dovendo essere riconosciuto il pericolo nascosto quando le modalità della condotta dell'agente consentano di ricostruire un inganno in cui la vittima è caduta e di cui non si poteva avvedere (Cassazione penale sez. I, 07/04/2022, n.15838).
La Cassazione, inoltre, ha precisato che "in tema di omicidio, la circostanza aggravante dell'uso del mezzo insidioso, al pari di quella dell'uso di sostanze venefiche, ricorre soltanto quando esso provochi direttamente la morte e non anche quando costituisca una mera modalità dell'azione". (Cfr., Cassazione penale sez. I, 21/09/2021, n. 39762. Nella specie la Corte ha ritenuto sussistente l'aggravante nella somministrazione di cloroformio in quantità letale, versato direttamente nella bocca della vittima in condizioni di semi-incoscienza e mediante ripetuta pressione di uno straccio intriso di sostanza narcotizzante sul viso della stessa, in modo da determinarne la morte per soffocamento a causa dell'ostruzione chimica delle vie respiratorie).
Sulla stessa linea, Cfr. Cass., Sez. I, 8 febbraio 1989, Ponessa, che ha escluso l'aggravante in esame in un caso in cui la vittima era stata colpita ripetutamente alla testa con un corpo contundente dopo la somministrazione di una dose non mortale di valium: ciò, in quanto si è ritenuto che il mezzo utilizzato costituiva una mera modalità dell'azione, ovvero una condotta fraudolenta tendente ad agevolare l'azione omicida.
Sono considerate sostanze venefiche quelle che, se introdotte nell'organismo, possono causare la morte mediante azione tossica.
In dottrina, si è precisato che non basta che una data sostanza abbia prodotto la morte, ma va accertato se la stessa di per sé o per il particolare quantitativo propinato, o per le particolari condizioni della vittima, abbia avuto azione tossica, determinando la morte con meccanismo chimico o biochimico in grado di produrre variazioni funzionali.
L'inserimento della sostanza nei repertori farmaceutici ufficiali può rappresentare un riferimento importante, ma non decisivo ed esclusivo, poiché il concetto di veleno ha un valore relativo, dato che ogni sostanza, potenzialmente tossica, perde tali caratteristiche se utilizzata in certe quantità o con certe modalità (A. MANFREDI, in Commentario al codice penale, diretto da G. Marini-M. La Monica-L. Mazza, Utet, 2022, t. 3, 2700).
Si è poi sostenuto che, perché una sostanza possa considerarsi venefica, non occorre che essa sia ufficialmente classificata come tale (ad esempio nei repertori farmaceutici ufficiali), essendo sufficiente accertare la sua idoneità a provocare l'effetto letale in relazione al tipo di uso fattone dal soggetto.
Il riferimento da parte del legislatore all'utilizzazione di un qualsiasi «altro mezzo insidioso» costituisce clausola di chiusura idonea a comprendere nella previsione normativa qualsiasi attività, diversa dall'uso della sostanza letale, idonea a sorprendere la capacità di difesa e di autoconservazione della vittima del fatto (G. MARINI, voce Omicidio, in Dig. g. pen., Utet, 1994, 507).
In giurisprudenza, si è precisato che insidia vuol dire inganno preparato nascostamente per danneggiare o recare offesa a qualcuno ed è sinonimo di tranello, di imboscata.
In particolare, è affermazione consolidata nella giurisprudenza della Suprema Corte quella secondo cui, in tema di omicidio, la circostanza aggravante dell'uso del mezzo insidioso ricorre quando il mezzo usato, per la sua natura ingannevole o per il modo e le circostanze che ne accompagnano l'uso, reca in sè un pericolo occulto, tale da sorprendere l'attenzione della vittima e rendere alla stessa impossibile o più difficile la difesa. (Fattispecie relativa a tentato omicidio, in cui la Corte ha escluso la configurabilità dell'aggravante in relazione all'occultamento di un coltello da cucina successivamente impiegato dall'imputato per ferire la vittima che era riuscita a difendersi e a respingere l'aggressione).
In tema di omicidio volontario, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante prevista dall' art. 577, comma 1, n. 2, c.p. , l'espressione "mezzo insidioso" indica quello che, per la sua natura ingannevole o per il modo o le circostanze che ne accompagnino l'uso, reca in sé un pericolo nascosto, tale da sorprendere l'attenzione della vittima e rendere alla stessa impossibile, o comunque, più difficile che di fronte ad ogni altro mezzo la difesa. Nel caso in cui il mezzo usato per recare offesa sia un coltello, non integra il mezzo insidioso il mero occultamento dell'arma del delitto o la mera repentinità del gesto dell'agente nel colpire la vittima, dovendo essere riconosciuto il pericolo nascosto quando le modalità della condotta dell'agente consentano di ricostruire un inganno in cui la vittima è caduta e di cui non si poteva avvedere (Cassazione penale sez. I, 07/04/2022, n.15838).
La Cassazione, inoltre, ha precisato che "in tema di omicidio, la circostanza aggravante dell'uso del mezzo insidioso, al pari di quella dell'uso di sostanze venefiche, ricorre soltanto quando esso provochi direttamente la morte e non anche quando costituisca una mera modalità dell'azione". (Cfr., Cassazione penale sez. I, 21/09/2021, n. 39762. Nella specie la Corte ha ritenuto sussistente l'aggravante nella somministrazione di cloroformio in quantità letale, versato direttamente nella bocca della vittima in condizioni di semi-incoscienza e mediante ripetuta pressione di uno straccio intriso di sostanza narcotizzante sul viso della stessa, in modo da determinarne la morte per soffocamento a causa dell'ostruzione chimica delle vie respiratorie).
Sulla stessa linea, Cfr. Cass., Sez. I, 8 febbraio 1989, Ponessa, che ha escluso l'aggravante in esame in un caso in cui la vittima era stata colpita ripetutamente alla testa con un corpo contundente dopo la somministrazione di una dose non mortale di valium: ciò, in quanto si è ritenuto che il mezzo utilizzato costituiva una mera modalità dell'azione, ovvero una condotta fraudolenta tendente ad agevolare l'azione omicida.
Sulla base delle richiamate coordinate ermenuetiche, l'aggravante dell'uso di altro mezzo insidioso è stata ravvisata in casi di ricorso a trabochetti e di prodizioni, di agguati, di sabotaggio del motore di un'autovettura e di un aeroplano.
La circostanza aggravante del "mezzo venefico" e del "mezzo insidioso" può concorrere - e sovente concorre - con quella della premeditazione e della crudeltà.
La circostanza aggravante del "mezzo venefico" e del "mezzo insidioso" può concorrere - e sovente concorre - con quella della premeditazione e della crudeltà.