Reati Fallimentari e Diritto penale dell'economia

Lo Studio dell'Avv. Walter Marrocco fornisce qualificata assistenza legale in materia di Bancarotta e di Diritto Penale Fallimentare. Specializzato supporto professionale viene assegnato all’imprenditore sottoposto a processo penale per accuse concernenti reati commessi in liquidazione giudiziale, sin dalle fasi iniziali del procedimento, e fino all’esaurimento dello stesso, in tutte le sue articolazioni.

Cosa si intende per reati fallimentari commessi dall’imprenditore in liquidazione giudiziale?


reati fallimentari Il 14 febbraio 2019 è stato pubblicato, in attuazione della legge delega 19 ottobre 2017 n. 155 (Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza), il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, approvato il 10 gennaio 2019 dal Consiglio dei Ministri e contenuto nel D.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14.

Il Codice entrerà in vigore il 15 agosto 2020, ad eccezione di alcune disposizioni che invece sono entrate in vigore decorsi 30 giorni dalla stessa.

Il provvedimento normativo in parola nasce dall’esigenza di riorganizzare in modo sistematico la disciplina del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (c.d. Legge Fallimentare), e quella della legge n. 3/2012 (successivamente modificata dal D.L. n. 179/2012, convertito nella L. n. 221/2012).

La novella legislativa si è limitata ad apportare meri adattamenti lessicali, quali:

  • sostituzione della dizione “fallimento” con la locuzione “liquidazione giudiziale”;
  • espunzione della terminologia “imprenditore fallito” e introduzione dell’espressione “imprenditore in liquidazione giudiziale”.

Per il resto, in ottemperanza di quanto prescritto dall’art. 2 della legge delega, vi è una sostanziale continuità delle fattispecie criminose già contemplate dalla precedente legge fallimentare con quelle contenute nelle nuove disposizioni, che riproducono le corrispondenti condotte incriminate dalla legge fallimentare con la mera sostituzione terminologica di cui si è detto.

Pertanto, a seguito della riforma, le fattispecie di reato in materia fallimentare sono ora contenute nel titolo IX del nuovo Codice della Crisi di impresa e dell’Insolvenza, il quale, a sua volta, si articola in cinque capi:

  • Capo I Reati commessi dall'imprenditore in liquidazione giudiziale
  • Capo II Reati commessi da persone diverse dall'imprenditore in liquidazione giudiziale
  • Capo III Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa;
  • Capo IV Reati commessi nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento e reati commessi nella procedura di composizione della crisi
  • Capo V Disposizioni di procedura

I Reati fallimentari commessi dall’imprenditore in liquidazione giudiziale

Il capo I, dedicato ai reati commessi dall’imprenditore in liquidazione giudiziale, riproduce le corrispondenti disposizioni della legge fallimentare. Segnatamente:

  • la bancarotta fraudolenta riproduce all’art. 322 il contenuto dell’art. 216 legge fallimentare
  • la bancarotta semplice riproduce all’art. 323 il contenuto dell’art. 217 legge fallimentare
  • le esenzioni dai reati di bancarotta previste dall’art. 324 sono quelle di cui all’art. 217 bis legge fallimentare
  • il ricorso abusivo al credito dell’art. 325 riproduce l’art. 218 legge fallimentare
  • le circostanze aggravanti e la circostanza attenuante dell’art. 326 riproducono le previsioni dell’art 219 l.f
  • la denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte dell'imprenditore in liquidazione giudiziale di cui all’art. 327, prende il posto della corrispondente disposizione dell’art. 220 l.f.
  • la liquidazione giudiziale delle società in nome collettivo e in accomandita semplice contemplata all’art. 328 riproduce il contenuto dell’art. 222 l.f.


I Reati fallimentari commessi da persone diverse dall'imprenditore in liquidazione giudiziale
 

Il capo II, invece, disciplina i reati commessi da persone diverse dall'imprenditore in liquidazione giudiziale. Segnatamente:

  • art. 329: fatti di bancarotta fraudolenta commessi da amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di societa' in liquidazione giudiziale (in precedenza, art223 legge fallimentare)
  • art. 330: fatti di bancarotta semplice commessi dalle stesse persone (in precedenza, art. 224 legge fallimentare)
  • art. 331: ricorso abusivo al credito degli amministratori e direttori generali delle società in liquidazione giudiziale (in precedenza, art. 225 legge fallimentare)
  • art. 332: denuncia di crediti inesistenti da parte di amministratori, direttori generali, e liquidatori di societa' in liquidazione giudiziale (in precedenza, strong>art. 226 legge fallimentare)
  • art. 333: reati dell'institore dell'imprenditore in liquidazione giudiziale (in precedenza, art. 227 legge fallimentare)
  • art. 334: interesse privato del curatore negli atti della liquidazione giudiziale (in precedenza, art. 228 legge fallimentare)
  • art. 335: accettazione di retribuzione non dovuta da parte del curatore della liquidazione giudiziale (in precedenza, art. 229 legge fallimentare)
  • art. 336: omessa consegna o deposito di cose della liquidazione giudiziale da parte del curatore (in precedenza, art. 230 legge fallimentare)
  • art. 337: estensione delle disposizioni degli artt. 333 334 e 335 ai coadiutori del curatore che amministra la liquidazione giudiziale (in precedenza, art. 231 legge fallimentare)
  • art. 338: presentazione di domanda di ammissione al passivo della liquidazione giudiziale per un credito fraudolentemente simulato nonché la distrazione senza concorso con l'imprenditore in liquidazione giudiziale (in precedenza, art. 232 legge fallimentare)
  • art. 339: mercato di voto del creditore con l'imprenditore in liquidazione giudiziale o con altri nell'interesse di quest'ultimo (in precedenza, art. 233 legge fallimentare)
  • art. 340: esercizio abusivo di attività commerciale: (in precedenza, art. 234 legge fallimentare).

Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa
 

Il capo III, rubricato “Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa” disciplina:

  • all'art. 341 le disposizioni penali applicabili in materia concordato preventivo e accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria (in precedenza,art. 236 legge fallimentare) estendendo alcune disposizioni penali (329,330, 333, 334,335, 338, 339) ai soggetti di tali procedure (art. 61 CCI)

  • all'art. 342 il falso in attestazioni e relazioni del professionista (in precedenza, art. 236 bis legge fallimentare) specificando, rispetto alla corrispondente norma della legge fallimentare, quale sia il contenuto delle informazioni rilevanti la cui omissione costituisce reato, vale a dire le informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati (precisazione non contenuta nella norma della legge fallimentare)

  • all'art. 343 le disposizioni applicabili in materia di liquidazione coatta amministrativa (in precedenza, art. 237 legge fallimentare).


Il Reato di Bancarotta

Reato fallimentare per antonomasia, la bancarotta può essere:

  • fraudolenta (art. 216 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, c.d. legge fallimentare, ora sostituito dall’art. 322 Codice della Crisi di impresa e dell’Insolvenza);

  • o semplice (art. 217 l. fall., ora sostituito dall’art. 323 Codice della Crisi di impresa e dell’Insolvenza)

Il discrimine tra le due fattispecie di reati fallimentari in parola, risiede nell’elemento psicologico, che nella bancarotta fraudolenta consiste nel dolo, mentre nella bancarotta semplice è costituito dalla colpa.

Pertanto, risponde del primo reato l’imprenditore dichiarato fallito (imprenditore in liquidazione giudiziale, a seguito della riforma) che:

  1. prima o durante il fallimento abbia dolosamente distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni, ovvero abbia esposto o riconosciuto passività inesistenti al fine di arrecare danno ai creditori;

  2. prima del fallimento, sempre per arrecare danno ai creditori, abbia sottratto o falsificato anche parzialmente i libri e le altre scritture contabili o che li abbia tenuti in modo da non rendere possibile la ricostruzione dei movimenti contabili; 

  3. nel corso della procedura fallimentare abbia eseguito pagamenti o simulato titoli di prelazione al fine di favorire alcuni creditori a danno di altri.

Invece, è punito per il secondo reato (bancarotta semplice) l’imprenditore dichiarato fallito (imprenditore in liquidazione giudiziale, a seguito della riforma) che, fra le varie ipotesi, ha colposamente compiuto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica, che ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni imprudenti, che non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

In tutti i casi in cui trova applicazione il reato di bancarotta nei confronti dell’imprenditore, se il fatto, anziché da quest’ultimo, è commesso da un amministratore, direttore generale, sindaco o liquidatore della società, si parla di bancarotta impropria (o societaria).

Come ha inizio un procedimento penale per bancarotta?

Il procedimento penale si apre su impulso della denuncia effettuata dal curatore fallimentare.

Infatti, a seguito della dichiarazione di fallimento (oggi, nella nuova dizione, “liquidazione giudiziale”), il curatore trasmette al giudice una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento; sulla diligenza prestata dall’imprenditore nell’esercizio dell’impresa; sul tenore della vita privata dell’imprenditore e della sua famiglia, sulla responsabilità di questo e su quant’altro possa rilevare anche ai fini dell’istruttoria penale.

La Procura della Repubblica, ricevuta la relazione da parte del curatore, laddove ravvisi, nei fatti esposti, gli estremi di reato, iscrive la notizia di reato nell’apposito registro.

È importante affidarsi, sin dalle primissime fasi, ad un avvocato penalista esperto in materia di Diritto Penale Fallimentare, al fine di sviluppare una tempestiva ed efficace strategia difensiva.

Mette conto evidenziare, infine, l'opportunità, per l'imprenditore - resa ancora più pressante dalla modifica, ad opera dell'art. 375 Codice della crisi di impresa, dell'art. 2086 c.c. - di rivolgersi ad un avvocato penalista anche in via preventiva, ovvero prima dell'instaurarsi di un procedimento penale (e proprio al fine di evitarne l'insorgenza) per la redazione di un Modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal D.lgs. n. 231 del 2001.

Invero, per effetto della richiamata modifica apportata alla norma citata, l'art. 2086, comma II, c.c., così recita:
«L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».